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A scuola 3500 studenti disabili "Ma l'ufficio integrazione chiude"

L'allarme dei genitori: perché distruggere il modello Vicenza?

VICENZA. Da modello da esportare a servizio, a rischio chiusura. O, comunque, spostamento. È il timore di alcune associazioni che si occupano di disabili, preoccupate per il ventilato venir meno del settore integrazione degli alunni con disabilità dell'ufficio scolastico provinciale. L'allarme è stato lanciato qualche settimana fa dal preside dell'istituto Da Schio di Vicenza, Giuseppe Sozzo, a nome dei dirigenti dei cinque centri territoriali per l'integrazione. Il dirigente ha scritto al presidente del Consiglio Matteo Renzi esprimendo preoccupazione per «il recente indirizzo del governo di abrogare le funzioni dell'ufficio interventi educativi e quelle del referente provinciale per l'integrazione degli alunni con disabilità». Da qui il tam-tam tra associazioni che negli anni hanno contribuito a far nascere e crescere il «modello Vicenza» nel supporto a studenti autistici, dislessici e problemi comportamentali. «Sembra che l'ufficio scolastico regionale voglia accorpare tutto a Venezia afferma Flavio Fogarolo, ex responsabile dell'ufficio integrazione degli alunni disabili di Vicenza, ora parte dell'associazione Fish nonostante lo sportello autismo, che forma gli insegnanti, sia stato dichiarato dal Senato come un modello da esportare». Nel Vicentino gli studenti certificati sono quasi 3.500 (pari al 2,9 per cento della popolazione scolastica) e gli insegnanti di sostegno sono poco più di 1.500, con un rapporto di 2,2. «Sebbene ci sia una carenza di 200 posti, a Vicenza non c'è nessuna causa aperta tra famiglie e scuola sulla questione disabilità, mentre secondo dati Istat in Italia queste sono il 10 per cento. Eppure, pare si voglia togliere dall'ufficio scolastico provinciale la referente per l'integrazione dei disabili». Contro questa ipotesi si scagliano, oltre alla Fish (Federazione italiana per il superamento dell'handicap) anche l'Associazione nazionale genitori soggetti autistici (Angsa), Autismo Triveneto, il Comitato vicentino handicap e la sezione di Vicenza dell'Associazione italiana dislessia. «Abbiamo scritto alla direzione generale dell'ufficio scolastico regionale fa sapere Sonia Zen di Angsa Veneto ma non abbiamo ricevuto risposte finora». «Per creare i progetti, come lo sportello autismo, abbiamo lavorato moltissimo conclude Antonella Tofano, presidente di Autismo Triveneto e ora si rischia un vuoto. Chiediamo vengano trovate soluzioni per salvare il modello Vicenza».

Corriere del Veneto , 07/02/2015

Dopo l’ennesimo episodio di trattamento inadeguato di un bambino autistico nella scuola, denunciato nei giorni scorsi dagli organi d’informazione, in riferimento a una scuola di Mogliano Veneto (Treviso), le Associazioni Autismo Treviso e ANGSA Veneto ribadiscono alcuni punti fondamentali che ai fini di una buona inclusione «dovrebbero essere ormai solidamente acquisiti, ma che risultano invece ancora alquanto precari»

«Di fronte all’ennesimo episodio ditrattamento inadeguato di un bambino autistico nella scuola, vogliamo ribadire quelli che dovrebbero essere dei punti ormai solidamente acquisiti, ma che risultano invece ancora alquanto precari»: lo dichiarano in una nota Fabio Brotto e Sonia Zen, presidenti rispettivamente di Autismo Treviso e dell’ANGSA Veneto (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici), in riferimento alla notizia di presunti maltrattamenti su un bambino autistico di 5 anni in una scuola dell’infanzia di Mogliano Veneto (Treviso), come riferito nei giorni scorso dagli organi d’informazione locali.

«Per una buona inclusione dei bambini e dei ragazzi con autismo nella scuola – puntualizzano innanzitutto Brotto e Zen – è necessaria una convinta, attiva e apertacollaborazione delle famiglie. Un’impostazione a compartimenti stagni, infatti, è del tutto disfunzionale e improduttiva e le famiglie sono portatrici di un sapere sul proprio figlio che dev’essere per quanto possibile condiviso con la scuola, mentre il lavoro svolto a scuola dev’essere fatto conoscere alla famiglia e ancor prima le linee di esso devono essere costruite insieme nel PEI (Piano Educativo Individualizzato) “Sinergia” è un concetto fondamentale, che spesso però non trova attuazione, e da questa non attuazionediscendono a catena molti problemi».

Inoltre, aggiungono gli esponenti delle due Associazioni venete, «da una parte devono essere coinvolti gli insegnanti curricolari, dall’altra parte si devono fornire ai compagni di classe e al personale non docente le conoscenze e le competenze sull’autismo che servono per una buona inclusione. Se necessario, poi, anche l’ambiente dev’essere modificato secondo le particolari esigenze del soggetto autistico e fondamentale è pure l’apporto professionale della neuropsichiatria infantile»
Per quanto poi riguarda l’insegnante di sostegno ed eventualmente anche l’assistenteassegnati all’allievo con autismo, «essi – ricordano Brotto e Zen – devono esserespecificamente formati. Non è possibile, infatti, lavorare su una disabilità così impegnativa se si è privi di ogni conoscenza in materia di autismo. Invece spesso questo ancora avviene: a soggetti autistici vengono assegnati insegnanti di sostegno digiuni di ogni nozione specifica e privi di esperienza, con conseguenze che possono essere disastrose, sia per il bambino o ragazzo sia anche per chi lavora con lui, come dimostrano i casi di burn-out [particolare tipo di stress lavorativo, N.d.R.] e i casi più gravi di trattamento inadeguato, maltrattamento e violenza».

Oltre dunque ad esprimere la propria vicinanza alla famiglia coinvolta nella vicenda e a ringraziare le persone che si sono dimostrate solidali con la famiglia stessa, segnalando i comportamenti inadeguati dell’insegnante, i Presidenti di Autismo Treviso e dell’ANGSA Veneto auspicano in conclusione «che il bambino possa riprendere la frequenza della scuola materna con le condizioni descritte». (S.B.)

Fonte
Superando:
Articolo: Autismo e scuola: solo così può funzionare (//www.superando.it/2015/01/07/autismo-e-scuola-solo-cosi-puo-funzionare).

Diritti esigibili? Non esattamente…

Contributo tratto dal sito internet superando.it: //www.superando.it/2014/11/06/diritti-esigibili-non-esattamente/

«Perché i diritti siano realmente esigibili – scrive Gianfranco Vitale – essi devono esistere in concreto e non in astratto. Ma noi viviamo in un Paese la cui legislazione in materia di handicap probabilmente non ha eguali al mondo. Unico “piccolo” inconveniente è che quasi nessuna legge viene effettivamente applicata e il fatto stesso di riconoscere alle persone con disabilità diritti e dignità solo se finanziariamente sostenibili, è una vera aberrazione»

Difficile scorgere l’esigibilità dei diritti in un Paese come l’Italia, che ha probabilmente la migliori norme del mondo in tema di disabilità, la maggior parte delle quali, però, non viene applicata

Mi succede spesso di sentire parlare di “diritti esigibili”, ma confesso che a volte non sono sicuro che chi usa questa espressione ne abbia compreso pienamente il senso. C’è infatti una condizione precisa perché i diritti siano esigibili, ma non sempre questo requisito pare emergere dai ragionamenti che ascolto o che leggo.
Diciamo subito che i diritti rappresentano per tanti familiari – di soggetti autistici e non solo –veri e propri nervi scoperti. La burocrazia, la farraginosità di molte disposizioni, se non si configura addirittura il non ascolto degli interlocutori, determinano sentimenti – in apparenza contraddittori – di rassegnazione e rabbia: sono quelli i cui risvolti salgono, talvolta, agli onori della cronaca, salvo beninteso essere dimenticati alcune ore dopo, allorché l’audience dei media fagocita e tritura altro.
Davanti a questa realtà, è paradossale che a qualcuno capiti di scrivere: «Il problema spesso è l’arrendevolezza delle famiglie di fronte allo Stato». Poco ragionevole perché penso che questa definizione racconti solo un aspetto, per giunta il meno importante, della situazione. La vera questione, detto banalmente, è che, a mio parere, per essere realmente esigibili, i diritti devono esistere in concreto e non in astratto!

Porto, a titolo di esempio, l’esperienza che vive attualmente a Torino l’ambulatorio dedicato alle persone con autismo adulte, inaugurato nel 2009 con grande enfasi, come si poteva leggere sulle pagine del sito del Comune: «Per la prima volta in Italia, un dipartimento di salute mentale ha deciso di dotarsi di un ambulatorio che si occuperà in via esclusiva dei disturbi dello spettro autistico in età adulta».
Si presti attenzione, ora, ai numeri qui di seguito riportati. L’ambulatorio inizialmente aveva come utenti gli autistici adulti dell’ASL TO 2. Al dottore che si sarebbe occupato della parte medica, venivano date a disposizione 10 ore settimanali. Nel giugno del 2013 si decise di allargare l’esperienza anche all’ASL TO 1. Le ore a disposizione del medico rimasero 10, ma gli fu affiancata una psicologa per 5 ore. Nel marzo di quest’anno, poi, dopo l’approvazionedella Deliberazione di Giunta Regionale (DGR) sull’autismo, si decise che l’ambulatorio – visti i buoni risultati conseguiti – avrebbe dovuto estendere il suo intervento all’intera Regione Piemonte (comprendendo, naturalmente, ASL TO 1 e ASL TO 2). Ebbene, le ore assegnate – può sembrare incredibile ma è così – sono rimaste, a fronte di un pauroso incremento dell’utenza, quelle che erano: 10 per la componente medica e 5 per quella psicologica!
Ad oggi, questo quadro orario è rimasto immutato e la prima immediata conseguenza è stato il formarsi di lunghissime, intollerabili (per chi sa un minimo di autismo) liste di attesa, passando da 15 a 120 giorni! Faccio notare che stime (prudenti) del 2011 accreditavano di 16.000 autistici (molti dei quali adulti) la Regione Piemonte!

E allora, di cosa stiamo parlando? Quale diritto in questo caso è esigibile a fronte di una visione così miope (eufemismo) delle Istituzioni? Sono arrendevoli i genitori o siamo davanti al collasso colpevole imposto dalla politica?
Diciamo la verità: accade purtroppo frequentemente che la realtà sia molto diversa da quanto la legislazione prevede. Inutile ricordarlo, ad esempio, a tanti genitori che leggono nella Legge 104/92 di «programma educativo individualizzato, massimo raccordo delle istituzioni, formazione ad hoc, consulenza esterna se richiesta dai familiari e»… e poi si ritrovano con un pugno di mosche in mano!

Cambiamo àmbito? Lascio la parola a Sonia Zen, presidente dell’ANGSA Veneto(Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici): «A trent’anni dalle varie leggi sull’integrazione scolastica, mi chiedo dove sia finito il bagaglio dei saperi accumulati in questo tempo… Mi risulta che pochissime scuole abbiano nel Piano di Offerta Formativa[POF, N.d.R.] qualche proposta per la disabilità… Eppure queste indicazioni darebbero ai genitori la possibilità di scegliere gli inserimenti migliori nelle scuole che hanno a disposizione, rispetto ad altre, un bagaglio di esperienza. Dietro la bandiera dell’integrazione si nasconde un occultamento dei veri problemi legati alla mancanza di flessibilità, allacarenza di formazione specifica e a una ridotta valorizzazione delle competenze. Sembra che dedicare spazi e specificità alla disabilità sia sinonimo di emarginazione e ghettizzazione… Semmai è vero il contrario».

Continuiamo la nostra panoramica con un nuovo esempio e parliamo questa volta della Legge 68/99 [“Norme per il diritto al lavoro dei disabili”, N.d.R.], che all’articolo 1 recita: «La presente legge ha come finalità la promozione dell’inserimento e dell’integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato».
Chiedo: «Quanti disabili hanno potuto usufruirne?». Sapete che, secondo i dati ISTAT del 2011, solo il 16% delle persone con disabilità tra i 15 e i 74 anni ha un’occupazione? Sapete che dai dati del 2012 e 2013, contenuti nella relazione [la settima, N.d.R.] presentata al Parlamento sull’attuazione della Legge 68, emerge che su quasi 680.000 iscritti al collocamento ci sono stati nell’ultimo anno appena 18.000 avviamenti? Sapete che le sanzioni comminate per queste inadempienze si possono contare sulle dita di una mano? Sapete che fra pubblico e privato ci sono, oggi, 41.000 posti riservati ancora scoperti?

Tutti questi esempi – e potrei farne molti di più – mostrano che viviamo davvero – Crozza docet – nel “Paese delle Meraviglie”. L’Italia ha una legislazione in materia di handicap che probabilmente non ha eguali al mondo. L’unico “piccolo” inconveniente è che quasi nessuna legge viene effettivamente applicata. Il fatto stesso di riconoscere alle persone con disabilità diritti e dignità solo a patto che siano finanziariamente sostenibili, ritengo siaun’autentica aberrazione.
In questo quadro, quindi, arrivare a “colpevolizzare” le famiglie, sostenendo che sono “arrendevoli” (laddove i fatti dimostrano ampiamente, come mi sono sforzato di dimostrare, la responsabilità della politica), è francamente troppo, tanto più se si tiene conto che oltre il 21% delle “famiglie con disabilità”, in Italia, è a rischio di povertà!

Chiudo questo mio intervento, sperando di stemperarne il clima serio, con un aneddoto. Ho provato a chiedere ad almeno dieci persone adulte quale fosse il participio passato del verbo“esigere”. Zero persone, ahimè comprese due insegnanti di Lettere e un paio di universitari, mi hanno dato la risposta giusta. Anzi, al posto di “risposta giusta” stavo per scrivere“risposta esatta”, perché… in effetti, il participio passato di esigere è proprio esatto.
Qualcuno/a dei miei interlocutori si è spinto fino ad affermare che il participio del verbo esigere non esiste proprio… Come dire: «Diritti esigibili? Non esattamente!». Può sembrare un paradosso, ma in questo “pensare ignorante”, alla luce di quanto si è detto, c’è persino un fondo di verità!

Padre di una persona con autismo trentatreenne, insegnante e scrittore, autore del libro Mio figlio è autistico (Vannini, 2013).

di Gianfranco Vitale, //www.superando.it/2014/11/06/diritti-esigibili-non-esattamente/

Appuntamenti in Veneto sull’autismo

Contributo preso dal sito internet: //www.superando.it/2014/11/05/appuntamenti-in-veneto-sullautismo/ 

Mentre a Treviso il 6 novembre verrà presentato ufficialmente un nuovo Sportello Autismo, durante il convegno intitolato “Disturbi dello spettro autistico: approccio cognitivo ed educativo”, nello stesso giorno, a Vicenza, prenderà il via il primo di vari percorsi formativi, rivolti da una parte a insegnanti e operatori scolastici, dall’altra a educatori professionali dei Centri Diurni e Residenziali, iniziative promosse dalla Fondazione Brunello

«Negli Anni Novanta – ricorda Sonia Zen, presidente dell’ANGSA Veneto (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici) – molti bambini con autismo hanno avuto per il loro Programma Educativo Personalizzato l’intervento di un consulente esterno esperto in educazione per l’autismo. Durante questo percorso, alcuni insegnanti hanno colto l’opportunità formativa e hanno imparato a lavorare con i loro allievi con autismo. I nostri Sportelli Autismo raccolgono queste esperienze fatte a scuola e diventano i depositari dei saperi, promuovendo le buone prassi nell’inclusione scolastica. Il primo di essi è nato a Vicenza, sotto la spinta della Fondazione Brunello, dell’ANGSA locale e dell’Associazione Autismo Triveneto, una realtà segnalata tra l’altro dal Ministero dell’Istruzione, auspicando esperienze analoghe in tutta Italia. Ora anche Treviso ufficializzerà il proprio Sportello Autismo, pure qui grazie alla spinta dell’ANGSA locale, che opera da più di vent’anni nella città della Marca».
L’occasione, dunque, per rendere pubblico questo importante passaggio si avrà giovedì 6 novembre, durante il convegno intitolato Disturbi dello spettro autistico: approccio cognitivo ed educativo, organizzato appunto dall’ANGSA di Treviso, insieme al CTI (Centro Territoriale Integrazione) di Treviso Centro, al CTI di San Polo di Piave e al CTI del Distretto n. 3 (Istituto Mazzotti, Via Tronconi, 1, Treviso, ore 9-17).

Tornando a Vicenza, nella città berica, lo ricordiamo, agisce la già citata Fondazione Brunello, che tra le altre iniziative, organizza regolarmente vari percorsi formativi, rivolti a diversi interlocutori e che per quest’anno prenderanno il via giovedì 6 novembre, concludendosi dopo molti mesi.
Si tratta esattamente di formazione rivolta a insegnanti e operatori delle scuole provinciali (quella A tema sarà la prima a partire, il 6 novembre appunto, presso l’Istituto Almerico da Schio di Vicenza, mentre quella Di base inizierà nel mese di marzo 2015, presso l’Istituto Bartolomeo Montagna di Vicenza) e a educatori professionali di Centri Diurni e Residenziali (su due diversi programmi, rispettivamente presso il Centro per l’Autismo di Vicenza, a partire dal 26 gennaio 2015 e all’Ospedale San Bassiano di Bassano del Grappa, dal 16 febbraio 2015). 

 

Sito internet Superando.it, //www.superando.it/2014/11/05/appuntamenti-in-veneto-sullautismo/%20